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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - sentenza 7 febbraio 2014 n. 593 -
I consiglieri comunali non hanno titolo nella veste politica ad impugnare gli atti della Amministrazione di appartenenza ai fini della verifica della legittimità del procedimento e del provvediemnto.
La azione è ammessa solo se la lesione possa incidere direttamente sul diritto all’ esercizio del mandato e, quindi, su un diritto spettante alla persona investita della carica di consigliere.
Se deve invece escludere che ogni violazione di forma o di sostanza nell’adozione di una deliberazione, che dia adito alla emanazione di un atto illegittimo possa consentire l'impugnazione anche a soggetti diversi da quelli diretti destinatari o direttamente lesi dal medesimo.
Secondo il Supremo Consesso “La legittimazione dei consiglieri comunali all’impugnazione delle deliberazioni dell’organismo collegiale del quale fanno parte è ravvisabile soltanto quando i vizi dedotti attengano ai seguenti profili: a) erronee modalità di convocazione dell’organo consiliare; b) violazione dell’ordine del giorno, c) inosservanza del deposito della documentazione necessaria per poter liberamente e consapevolmente deliberare; d) più in generale, preclusione in tutto o in parte dell’esercizio delle funzioni relative all’incarico rivestito”.
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